Ri-guarire

– Tutto qua? Chissà che mi credevo! – esclama sorpreso il dottor Zeta, dopo avermi scoperto la pancia.

Poi si gira verso Sten: – Questa dopo ogni intervento ringiovanisce, eh?

Io lo insulto, Sten invece lo asseconda: – E’ vero, è proprio tosta.

– Visto che i chirurghi sono stati buoni la parte del cattivo adesso tocca a me, uff…- sospira mentre continua a visitarmi.

Non lo lascio finire: – Lo so, sarai cattivo, ti odierò e sarò molto incazzata.

– Che mestiere infame! Forse solo voi pazienti ve la passate peggio di noi…

Mi rivesto, respiro profondamente, perdiamo un po’ di tempo a cercare la mia cartella che non si trova più, e finalmente, seduti tutti e tre attorno alla sua scrivania, ci spiega i due modi di affrontare questa fase.

– Un modo – e scusami se sarò un po’ brutale – è quello di pensare che tu non guarirai da questa malattia. E quindi si fa qualcosa, ma il minimo per garantirti una buona qualità della vita. L’altro modo, quello che io farei per me stesso, è di scommettere sul fatto che puoi guarire di nuovo. E quindi devo trattarti più o meno allo stesso modo di sei anni fa, con una chemioterapia adiuvante, perché partiamo dal presupposto che ti è stato tolto tutto quello che ti si doveva togliere, ma che qualcosa in giro può esserci ancora…

Sten lo interrompe: – Insomma, la devi bastonare?

– La devo bastonare per farla guarire.

– Sì, – obbietta Sten mentre io ancora rifletto, in silenzio, – sei anni fa l’hai bastonata ed è guarita, ma non definitivamente.

– Certo, ma per un lungo intervallo di tempo sei stata bene, e questo non era scontato. Dobbiamo pensare che è stata quella terapia, così dura, a farti guarire.

Ripenso alla prima visita, quando ci spiegò perché doveva andarci giù pesante: il tumore era superiore al centimetro, due linfonodi erano stati già presi dalla malattia, avevo solo trentadue anni. Più sei giovane, più questo schifo di male corre, più sei giovane, più ci si aspetta che tu debba vivere ancora a lungo.

Quello che mi disse allora vale anche oggi, con la differenza che oggi non mi sconvolge sapere che dovrò intossicarmi di chemio e non m’ importa se non potrò più avere figli. L’unica cosa che mi preme davvero è vivere il più a lungo possibile.

– Va bene, – taglio corto, – dimmi qual è il tuo piano.

– Cominciamo con quattro cicli di Adriamicina, ogni 15 giorni – tu sei stata una delle prime a farla con questo intervallo, te lo ricordi? – Se riesco a procurarmi un nuovo tipo neanche ti cadranno i capelli, e provoca l’ottanta per cento di tossicità cardiaca in meno.

– Ma va! – non riesco a nascondere un certo entusiasmo. – Allora devi procurartela. Perché “se”?

– Perché costa moltissimo, e la farmacia dell’ospedale generalmente non la passa. Però, nel tuo caso, sarebbe la seconda volta… La tua dose di tossicità te la sei già fatta. Domani parlo con i farmacisti, ce la dovrei fare.

– Ce la devi fare! – insisto.

Il piano proseguirà con altre otto somministrazioni settimanali di Taxotere.

– Anche con questo farmaco forse non ti cadranno i capelli, ma ci saranno effetti pesanti, che all’inizio non avvertirai, perché si accumulano verso la fine del trattamento.

– Settimanali? Una somministrazione alla settimana per otto settimane? – ho quasi gridato.

– Sì. Magari poi diventeranno sei. Dobbiamo vedere. Te l’ho detto che per un periodo non ti garantirò una buona qualità della vita, se scommettiamo sulla tua ri-guarigione..

– Ok. Scommettiamo. Quando comincio?

– A metà febbraio. Così finirai a maggio, il mese dei fiori…

Sì, maggio è proprio il mio mese, inizia con il mio compleanno, la mia ri-fioritura. Ma temo che quest’anno le rose sbocceranno tardive.

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