“La protagonista di questa storia scopre su di sé il morbo di Hodgkin, una forma tumorale gravissima, all’età di sedici anni, nel momento in cui sente cominciare la sua vita adulta. Inizia invece una lunga lotta, fatta di terrore e di speranza, di riprese e di ricadute, e la sua esistenza diventa per anni un dialogo col male che a lampi le lascia intravedere la verità profonda delle cose, di coloro che l’assistono e i segreti della sua stessa personalità.
Una forza insospettata, una determinazione irriducibile si rivelano decisive proprio nei momenti in cui, alla superficie, la paura quasi cancella la realtà, e il dolore e l’annientamento sembrano prendere il sopravvento. A questa incredibile capacità di resistenza e d reazione si deve l’uscita finale dall’incubo, ma non dal ricordo di un’esperienza che resterà il segno di una maturità raggiunta per la via più difficile, quella che costeggia il pensiero della morte.
Perché l’autrice abbia sentito il bisogno di raccontare una storia di tale impegno emotivo, è una delle numerose che il libro suscita. Qui infatti non è in gioco la <<bella letteratura>> perseguita come tale, quanto piuttosto – ancora una volta – la volontà di esserci e di non cedere all’oblio grazie alla forza vitale che la letteratura nasconde nel profondo.”
Ogni volta che finisco un libro sul cancro mi rendo conto di quanto a me, tutto sommato, sia andata bene. Intendo con la chemio. Mi ha dato fastidio, è vero, son stata male, son stata inchiodata al letto, ricoverata due volte in ospedale però… in ogni libro che ho letto… vomitano tutti! E di continuo!!! A me è successo solo alla prima e all’ottava chemio! Non è malaccio, no? Dovrei suggerire il mio anti-vomito…
Effetti collaterali a parte, direi che io son stata più fortunata della protagonista di questa storia anche per la marea di persone che mi son state accanto incondizionatamente. Non ho mai avuto la possibilità di sentirmi sola – a parte durante i ricoveri in ospedale – e mi hanno dato la forza di lottare, sempre e comunque.
L’argomento più angosciante trattato in questo libro è la perdita della fertilità. Spesso ci penso anch’io. Le mie ovaie adesso sono in letargo, forse me le risveglieranno l’anno prossimo, però non è detto che torni fertile. E la cosa un po’ mi fa paura. Non sento l’esigenza di diventare mamma, è una vocazione che ancora non ho ricevuto, ma… prima o poi mi verrà, in fin dei conti ho 31 anni! E che cosa succederà se dovessi rimanere sterile? Come vivrò? Già adesso, così come sono, pelata, grassa, gonfia, senza unghie, senza seno, senza ciclo mestruale… non mi sento donna per niente! Figuriamoci senza la possibilità di diventar mamma… Intendiamoci: non vorrei un figlio adesso e magari non lo vorrò nemmeno fra due, cinque, dieci anni! Ma la fertilità è un’altra cosa che questa bestiaccia potrebbe togliermi e mi fa rabbia. Ed è in casi come questi che mi chiedo “perché, perché?”. Ma anche questa è una domanda sterile…
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