Solitudine

Quando sei malato e in cura, la solitudine è quella cosa che ti fa stare in silenzio per non preoccupare nessuno. Quella cosa che non ti fa chiedere aiuto a tua madre che speravi ci arrivasse da sola ad offrirsi, e invece si è occupata di altro, come sempre. Quella cosa che ti fa dire a tuo marito, “non preoccuparti amore, qui a casa tutto ok, torna pure quando vuoi dal lavoro”. E invece sei stanca morta, avresti solo bisogno di dormire e non te la senti di intrattenere due bimbette piccole per altre 4 ore. Ma se glielo dici lui si deprime, si sente in colpa, e torna a casa magari prima, ma a pezzi. Quella cosa che ti fa deprimere quando una amica che non vedi da 4 anni ti dice “allora questo weekend vengo a trovarvi, ne ho proprio voglia” e tu sai già che non ce la fai, ma vorresti non sentirti in colpa a dirle, “no, per favore no, grazie”. E comunque devi trovare il modo di dirglielo. E non puoi neanche chiamare lepi, cosa potresti dirle, si allarmerebbe, troverebbe il modo di mollare tutto e venire qua, e invece è già tanto impegnata e io non sto mica male, dopo tutto, sono solo stanca. Ma allora è meglio non chiamarla, lo capirebbe dalla voce. La solitudine sta nel fatto che ti viene da piangere quando ti trattano male al supermercato, se chiedi una cosa con gentilezza. Perché invece dovresti rispondere a modo, ma sai che per fortuna la vita è un’altra cosa, però ti viene da piangere lo stesso. La solitudine sta tutta nel non potersi mai mettere in un angolo a lamentarsi, compiangersi. Perché se ti siedi e ti cominci a lamentare, la malattia cammina e ti mangia, ti sommerge, ti devasta. E allora ti rialzi. Metti un film per le nane. Tutto sommato non può fargli male. Pensi alla cena da preparare. Leggi di due righe di un libro.
E ti lamenti qua, in questo angoletto riservato, sperando che non se la prenda nessuno, che nessuno si allarmi, che nessuno si preoccupi. Perché in effetti, non è niente. Solo un po’ di solitudine, che tra poco passa.
Ci sono anche giornate così.

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