Vi ho già parlato della mia tendenza ad attaccare bottone con chiunque? Sì, credo di sì. Quindi lunedì ero in coda all’ingresso della mostra su Turner. Uno scoraggiante cartello preannuciava un’attesa di un’ora e mezza. Il sole era tiepido e un musicista mancato suonava il violino.
La signora davanti a me, sudando nella pelliccia, si informa da dove venga il mio accento, da quanto sto a Parigi, cosa faccio, cosa studio, cosa mangio e come vivo. Poi :
– Ecco le vorrei chiedere un favore.
– Ma prego, madame, dica pure…
– Mi terrebbe il posto in fila? Perché sa – drammatico abbassamento di voce, tono da cospiratrice clandestina – sei mesi fa ho finito una chemioterapia – Mi guarda cercando di capire se intuisca di cosa parla – Cancro – esplicita dopo una pausa – non mi sono ancora ripresa completamente, sa, da queste cose non ci si riprende mai del tutto…
– Euhhhh…– lotta disperata per non voltarle le spalle e mandarla a f*** o scoppiarle a ridere in faccia – ma su signora, sia ottimista…
Altro sospiro drammatico. – Se sapesse, ma le auguro di non scoprire mai cosa vuol dire sa? Glielo auguro proprio.
– Mmm. Si, grazie.
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