Non stappo la bottiglia, non esulto, non mi dico – e nessuno mi dirà – che ormai l’ho sfangata. Non mi ci fregano più, e se avessi gli attributi maschili me li gratterei vigorosamente per scaramanzia. Però sono contenta. E sollevata.
Con la tac ho concluso i controlli e raggiunto il traguardo – di nuovo! – dei cinque anni di buona salute. Con tutto il pacchetto di esami andrò da Zeta per stabilire se dovrò continuare con la cadenza semestrale, se devo continuare a farmi di Enantone e Femara, e per quanto. Un po’ d’insofferenza nei confronti del mio equilibrio ormonale alterato e depresso c’è, ma giuro che non romperò, e farò quello che il capo comanderà.
Quando il caro radiologo Esse – che sta leggendo il libro di cui è uno dei protagonisti – è uscito per venirmi a dare buone notizie mi ha detto: “Puoi scrivere che Esse oggi aveva un sorriso così…”
Lo scrivo: Esse mi ha fatto un bel sorriso, va tutto bene, anche lo stupido angioma del fegato è lì, buono buono, non ci spaventa più.
La corda su cui procedo è salda, ai passi da funambola alterno quelli da danzatrice. Perché la danza è stata la riscoperta felice di questi ultimi mesi. La gioia del movimento, della musica, dell’equilibrio.
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