Ho pensato spesso, in questi giorni, a cosa avrei scritto oggi. Non è un giorno qualunque, non per me, e non può passarmi davanti agli occhi come un quadratino qualsiasi sul calendario.
Perchè oggi è l’otto febbraio. L’otto febbraio 2010, esattamente un anno fa, poco dopo mezzogiorno, mi è stata letta la diagnosi di carcinoma al seno.
Spesso durante l’anno trascorso sono andata col pensiero a quel giorno, il ricordare è un bisogno che sento forte ancora oggi perchè (e lo scrissi anche) in certi momenti vivo ancora in quella specie di “bolla” in cui ti senti catapultata quando ti succede qualcosa di particolarmente intenso da reggere emotivamente. Sempre meno, per fortuna, ma succede ancora.
E’ trascorso un anno. Le cure non sono ancora finite, i controlli chissà se finiranno mai; il medico mi aveva detto “un anno di tempo, se basta, per curarti”, un anno non è bastato ma non andrò avanti ancora per molto per fortuna. Spero.
Dell’otto febbraio scorso mi porto dentro i volti che mi hanno accompagnato e mi stanno accompagnando durante il percorso, chi mi ha curato e mi sta curando ha tutta la mia stima anche se con qualcuno mi sono scontrata piuttosto pesantemente. Ma penso che quando arrivi a scontrarti con qualcuno per poi risolvere positivamente una questione non è mai tempo buttato, anzi forse un rapporto guadagnato.
Mi porto il ricordo di una paura che ha avuto i suoi alti e bassi, a momenti più intensa e a momenti più lieve, ma che mi ha lasciato attorno uno spettro di cui non mi libererò mai più. Lo penso ogni giorno: se il mio corpo è stato capace di farmi questo tipo di scherzo una volta, nulla gli impedisce di rifarlo. Ma ci ho fatto amicizia. L’oncologo me lo ha detto una volta: ci devi imparare a convivere. E così è. Ho avuto paura di morire. L’ho ancora, anche se fatico ad ammetterlo: in fin dei conti sto ancora facendo infusioni preventive, non ho la certezza matematica che nessuna cellula maligna anarchica insurrezionalista non se ne stia facendosi il nido qua e là a mia insaputa. Ma fa parte della mia vita e non mi impedisce di vivere contenta di quello che ho, dei risultati che ottengo, dei lati buoni della faccenda.
Porto con me la consapevolezza di aver tirato fuori le unghie, cosa che non facevo da anni, e non è una cosa da buttare.
Porto il ricordo degli istanti più dolorosi, più difficili, più devastanti che abbia mai vissuto finora: dopo aver sentito la frase “in effetti c’è un tumore”, uscita dalla bocca del dottor Clooney, credo di essere entrata in una specie di trance, perchè non ricordo più nulla se non parole buttate qua e là: chemioterapia, perderà i capelli, intervento, menopausa indotta, non solo curare ma guarire, novantotto per cento, parliamo col chirurgo… parole e pezzetti di frasi che emergevano dalla confusione totale in cui sono piombata in una frazione di secondo, e a cui riuscivo a rispondere dentro di me solo “no, no, no, Portatemi via di qui, voglio uscire, mi manca l’aria, ho un attacco di panico”. Come per dire, non sta succedendo, tra poco Papigà mi da uno scossone e mi sveglio nella mia camera, col gatto sul petto, è ora di portare il Power all’asilo.
Uscita dall’ambulatorio ho chiamato il mio medico, cercando di tirar fuori la voce gli ho detto come stavano le cose, mi ha risposto “vieni subito, ti aspetto”. Nel salire in macchina ho fatto due telefonate. La prima, a mio fratello che era a Genova. La seconda, a Laura, che si è offerta di dirlo lei a Meg e non ho potuto dire di no. Poi il silenzio più totale. Lungo la strada l’unico pensiero che riuscivo a fare, e che mi lacerava l’anima metro dopo metro, era “come faccio a dirlo alla mamma”, perchè pensavo che se fosse successo a mio figlio sarei impazzita. Vicino a me mio marito, con gli occhi gonfi, cercava di concentrarsi sulla guida.
Ho pianto tutto quello che potevo piangere per una decina di giorni. Poi mi sono rialzata, e sono partita. Ho fatto il sentinella, iniziato e finito le chemio, sono stata operata e tutto il resto, la storia è scritta in queste pagine e sono ben felice di averla scritta. Per me, per chi mi vuol bene. Soprattutto per me. Perchè è stato un anno terribile, ma è stato un anno di vita, vita che non considero tempo perduto ma vita piena, intensa, con sfaccettature inaspettate, dolorose ma non inutili. Questo credo che sia quello che conta di più, in fondo: non buttare niente.
E’ passato un anno. Sono qui a scriverlo, e mi ritengo fortunata. Immensamente fortunata. Per un sacco di buoni motivi.
Il post originale QUI
E’ solo il primo, Mamigà, di moltissimi altri anniversari. Per questo primo ti abbraccio forte con moltissimi auguri. Io sono arrivata a quota 11 e rotti 🙂
Anche io festeggio quello che chiamo il linfoversario…a marzo saranno 5 anni dalla fine della chemio, a settembre 6 dalla diagnosi.
Penso sia una cosa piuttosto comune “festeggiare” questi anneversari.
Io lo sento un pò come un secondo compleanno. Una seconda nascita.
Un abbraccio forte!
mamiga sei eccezionale, continua cosi’ con la tua forza d’animo e la tua giaoia di vivere; un abbraccio da ARCOBALENO
Mamiga sei eccezionale, continua cosi’ con la tua forza d’animo e la tua gioia di vivere; un abbraccio da ARCOBALENO
Io sto vivendo un’esperienza simile anche se in maniera meno grave e ti posso comprendere Mamiga. l’affetto delle persone a noi care e’ una medicina;e’ cio’ che in questo lungo anno ti ha sorretto e continua ad aiutarti. Ciao da ARCOBALENO
ciao, anche io sono stata operata al seno per carcinoma.. 2 operazioni nel giro di 15gg perchè il mio sentinella lo hanno dovuto analizzare in un secondo tempo a causa di rpoblemi sìdi struttura.. doppio colpo primo diagniosi carcinoma a poi dissezione ascellare.. sono stata distrutta e rabbiosa per mesi.. ora sto facendo la kemio e ho sempre qualche manifestazione allergica durante e dopo.. la settimana della turtura mi sembra eterna ma poi si supera.. devo dire che ancora vedo un tunnel nero davanti a me.. ma spero finisca al più presto..
ciao Aramix
Ciao Aramix. Che anche per te finisca alla mia stessa maniera, cioè al meglio. Vedrai che il tunnel finisce, eccome se finisce. Bisogna solo avere tanta pazienza e non farsi mancare la fiducia.
Si la vita è così. Oggi la tua storia ha aiutato anche me, a scivolare e rialzarmi, perchè tra tutti gli alti e bassi c’è sempre qualcosa che ti lascia. Una bella parola, un aiuto da chi non ti saresti aspettato, un piccolo regalo e poi i miglioramenti. D’altronde siamo qui per guarire progressivamente e con naturalezza. Grazie per le tua parole, scrivere per se stessi è un grande aiuto che ognuno può fare a sè.
Questo è un augurio di guarire.