In cancrese la chiamano fatigue forse per dargli un’arietta meno sciatta. Ma credetemi è la brava vecchia fiacca, quella fatica e quella pesantezza dell’anima e del corpo chimicamente ingrossato che spesso tornano su, che tu sia in terapia oppure no. Quella sensazione che si fa sentire per assenza di energia. Quella cosa che ti fa lasciar perdere quando pensavi di poter quasi dire: “tiè, come sto meglio oggi, come mi sento in forma oggi, oggi quasi quasi mi compro quel vestito nuovo, immagino le prossime vacanze estive, mi figuro Lilla in prima media e Nina alle superiori”.
Lasci perdere, la fiacca ti attanaglia, ti riposi ancora un po’, dai un altro morso alla cioccolata che ti circonda, convinta che ti tiri su la pressione, o quanto meno l’umore. Sciabatti intorno ai tuoi pensieri come una portinaia di altri tempi col grembiule unto addosso e senti dappertutto odore di cavolfiore bollito.
Poi per fortuna è ora di uscire e andare a riprendere Nina e Lilla a cui hai promesso niente post-scuola oggi. E appena fuori di casa sei una mamma come tutte, appena un po’ più stanca e più tonda delle altre. La fiacca per fortuna si scioglie come neve al sole davanti a un paio di rosee guancette felici.
E per tutto il resto c’è tempo. E adesso è quasi ora, devo andare.
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