Ieri sera ho finito il libro di Tiziano Terzani Un altro giro di giostra. Sono stata lenta, lo so, in parte perché dovrei fare più spesso quello che ho fatto domenica pomeriggio – spegnere il pc e dedicarmi esclusivamente alla lettura – e in parte perché ogni pagina è stata motivo di grande riflessione e di felice stupore. L’amica che me lo ha regalato mi aveva avvisata che avrei trovato considerazioni ed esperienze straordinariamente simili alle mie, anche se certo io non sono andata a curarmi a New York e non ho girato per l’oriente alla ricerca di “altri tipi di medicine, cure e di miracoli che avrebbero potuto servire al mio caso”. Però, senza muovermi da Roma, anche io mi sono dedicata al qi gong, allo yoga, ho meditato, respirato, assunto le erbe prescritte da un maestro cinese, e ricercato una mia strada personale per integrare alla medicina tradizionale qualcosa che mi rendesse più attiva e consapevole nel processo di guarigione, e che compensasse i danni collaterali prodotti dalle bombe chimiche che dovevano fare il lavoro sporco: distruggere le cellule malate. Della parte construens volevo occuparmene io: dovevo ricostruire le cellule buone, appiattire cicatrici, limitare nausee, rafforzare le difese immunitarie e, cosa ancora più importante, prendermi cura, insieme al mio corpo malato, anche della mia anima.
A ripensarci, è giusto che abbia letto proprio ora il libro di Terzani. Senza rinnegare le metafore che ho utilizzato in passato per raccontare la mia esperienza con il cancro – battaglie, bombe, invasione, nemico, strategie, soldatini – adesso sono in grado di comprendere davvero il suo approccio pacifista nei confronti della malattia: “A forza di starci assieme, quel mio interno visitatore mi pareva fosse diventato parte di me, come le mie mani, i miei piedi e la testa su cui, a causa della chemioterapia, non avevo più un capello.”
Questo continua a non essere esattamente il mio approccio al cancro, ma lo capisco. Infatti è lo stesso Terzani a scrivere che “la malattia non è mai un fatto oggettivo, è soprattutto un’esperienza personale e come tale è per ognuno di noi diversa. Ogni malattia è il frutto della nostra vita, è la “nostra” malattia, ed è assurdo non rendersene conto.”
Sicuramente non avrei mai deciso di non essere operata e di non fare terapie quando mi sono riammalata, come ha fatto Terzani quando dopo oltre cinque anni il suo cancro è tornato.
Lui era pronto ad accettare la morte, dopo una vita così intensa.
Io dovevo continuare a vivere.
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bel libro, bel commento
un bacio
s
anch’io ho apprezzato questo libro di Terzani, e alcune sue riflessioni mi hanno fatto sentire meno sola.
e non posso che condividere la frase “Ogni malattia è il frutto della nostra vita, è la “nostra” malattia, ed è assurdo non rendersene conto.” : partire da questa riflessione aiuta a elaborare e reagire