All’inizio Anna mi commentava come Misshajim e ancora non aveva aperto il blog On the widepeak. I suoi commenti erano sempre preziosi, e sentivo che tra di noi c’era una grande affinità, non solo data dalla comune sventura di avere o avere avuto il cancro. Un giorno mi scrisse una mail per invitarmi all’inaugurazione del festival di fotografia che aveva organizzato per la società di eventi per la quale lavorava, qui a Roma. Visto che non ci potevo andare mi ha fatto avere due biglietti, uno anche per Sten, da utilizzare quando volevamo. Quando poi ci siamo andati le ho telefonato per ringraziarla, dalla terrazza del palazzo delle Esposizioni, e in quell’occasione ho sentito per la prima volta la sua voce.
Dopo qualche mese Anna ha aperto il blog e finalmente abbiamo deciso di conoscerci di persona.
Io ero in pausa pranzo e lei appena uscita dai controlli nell’ospedale in cui è stata in cura per tutti questi anni, a poche centinaia di metri da dove lavoro, sullo stesso lato del Tevere. Abbiamo mangiato un’insalata di gamberetti molto buona, e intanto parlavamo, parlavamo, parlavamo, guardandoci negli occhi, che lei aveva bellissimi, azzurri.
Durante quell’incontro, come scrissi tempo dopo, Anna lanciò l’idea che poi ha portato alla nascita di Oltreilcancro, trascinandomi con il suo entusiasmo nell’impresa che dopo un anno siamo riuscite a realizzare, complice un pranzo delizioso organizzato nel giardino di casa sua, con le altre blogger che avevamo coinvolto. Ma prima di tutto, quel giorno, io e Anna siamo diventate amiche.
Da quel giorno sono passati quattro anni, durante i quali la mia malattia si è allontanata sempre di più mentre la sua peggiorava. Io non accettavo facilmente la sua accettazione, la sua consapevolezza di non poter guarire, di poter aspirare solo a qualche anno in più di vita, di non poter vedere le sue figlie diventare delle ragazze. Eppure è stato proprio grazie a lei, a quel lavoro difficile e profondo che faceva su di sé e cercava di comunicare agli altri, magari scrivendolo sul blog, commentando il mio, o parlandone a voce, o nelle decine e decine di mail che ancora conservo, se ho iniziato ad usare un linguaggio diverso per parlare del cancro. Quando ho scritto Come una funambola lei ha approvato il titolo, le piaceva tantissimo, mi ricordo bene il giorno che era passata a trovarmi in ufficio per parlarne, come al solito dopo aver fatto un emocromo di controllo. Mi ha accompagnata quando ho portato qualche copia del libro in ospedale dal dottor Zeta, poco tempo dopo la morte di mio padre, e in quell’occasione ne ho regalata una anche a lei. “Scusa, però non so se lo leggerò subito”, mi ha avvisata, mentre facevamo colazione in un bar di Trastevere.
Poi, un giorno, ha scritto questo post, la sua recensione. Ecco, anche ora, a rileggerla, piango come una fontana, e vorrei abbracciarla forte, accarezzarle il viso come l’ultima volta che l’ho vista, a casa sua, un mese fa, sapendo che sarebbe stata l’ultima, mentre guardavo con tenerezza le bambine appena tornate da scuola saltellare accanto alla mamma, ormai bloccata in un letto e attaccata all’ossigeno.
Ciao Wide, adesso, ogni mattina, quando farò la pratica dei Cinque tibetani penserò a te, perché sei stata tu a parlarmene e raccontarmi di quanto ti avevano fatto stare bene, e quanto ti dispiacesse aver smesso di praticarli. Volevi anche convincermi a iniziare il corso di meditazione, e invece ti ho disobbedito, facendoti arrabbiare un po’. Ci tenevi tantissimo, perché volevi il mio bene, e per te la meditazione è stato un bene immenso. Ora lo capisco ancora meglio. Scusami, vedrai che un giorno lo farò.
Mi manchi già tanto, ma è ancora più quello che mi hai lasciato. Grazie, indimenticabile amica.
Il post originale qui
buon pomeriggio a tutti. leggo, rileggo, recito a memoria e comunque (metteteci quello che volete) non riesco a darmi pace, io ho iniziato il mio percorso leggendo _on the widepeak_, e non credo che sarei ancora qui senza tutto l’aiuto che ci ha dato, che _mi_ ha dato.
grazie giorgia di questo bellissimo post, grazie dal profondo del mio cuore