Mi girano le ovaie… ma tanto!

spilloSabato sera ho fatto la puntura più costosa della storia.Quando la farmacista mi ha comunicato l’importo per poco non svenivo. Più di 460 euro per un’iniezione che mi permetterà di rimanere tre mesi in menopausa (poi ovviamente dovrò farne un’altra). Il punto è che la chemio colpisce tutto ciò che lavora all’interno del nostro corpo ed io, essendo così giovane, ho le ovaie ancora in piena attività. È un’ulteriore maniera di preservare la mia fertilità, insomma, poiché senza questa iniezione le percentuali di sterilità after-chemio crescerebbero vertiginosamente.Nonostante il prezzo ho quindi comprato questa benedetta puntura…è ovvio! Ora però la domanda sorge spontanea: per quale accidenti di motivo a me (che ho l’esenzione) questa cifra non viene rimborsata???? La risposta è semplice: perché per la mia patologia questa iniezione è ritenuta facoltativa. Facoltativa! Ma ci rendiamo conto??? Non sto chiedendo di rifarmi le tette, sto cercando di preservare il mio fisico dagli effetti della chemio, e questo è considerato facoltativo?? E se qualcuno non potesse permetterselo?? Io non ho parole… E mi girano parecchio (anche se, adesso, solo metaforicamente)… E girano parecchio anche ai miei, che hanno dovuto pagarle, ovviamente…

Oltretutto avrei voluto farvi vedere la siringa. Anzi no, avrei voluto farvi vedere il marchingegno a prova di ingegnere plurilaureato: doppio serbatoio interno, valvola di sicurezza chiudiago, stantuffo a parte correlato di spugna dosatrice, ago orientato, chiusura ermetica superiore con valvola integrata. AL-LU-CI-NAN-TE. Della serie…o leggi le istruzioni per filo e per segno finché non credi di averci capito qualcosa, oppure butti via una siringa da soli 460 euro…!!! E proprio per questo è scattata l’ansia in casa tra mio padre e sua moglie. Come mi ha fatto notare mio fratello, non si erano mai fatti così tanti complimenti in tutta la loro vita. Stavo morendo dal ridere: “falla tu, che sei più brava”, “no, tu, che hai più pazienza”, “no, tu, che hai le mani più ferme”, “no, tu, che non ti impressioni” …e così via, finché mio padre ha fatto finta di nulla davanti alla TV e quindi a lei è toccata la patata bollente! Da oggi sono quindi ufficialmente in menopausa indotta. Perlomeno mi evito il disagio delle mestruazioni per qualche mese… non che sia una grande consolazione…

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Vivere 7 anni senza stomaco

Sono rinata 7 volte da quell’8 aprile…

E ogni volta, pur cercando di mantenere la mia struttura di base, mi sono modificata, sperando …  sempre di più, di riuscire a  fare emergere l’aspetto più “naturale” della mia indole. Filtrando  sempre meno, imparando, o cercando di imparare, a com-prendere. Sono trascorsi 7 anni da quando non pensavo di arrivare al Natale dello stesso anno. Un Natale raggiunto dopo  una faticosa corsa ad ostacoli: intervento con rimozione totale dello stomaco, chemioterapia, accettazione del  dovere vivere una vita senza stomaco.

Ho fatto tesoro di questi anni regalati? Non so.

Ci sono momenti, e mi vergogno a dirlo, in cui la durezza delle mie giornate è tale (dolori,  glicemie impazzite, stanchezze inenarrabili e sconosciute) per  cui mi chiedo se davvero  ne è valsa la pena. Poi la razionalità ha il sopravvento: CERTO che ne è valsa la pena. Sto assaporando la crescita di mia figlia, vivo la mia famiglia, mi godo la compagnia delle  amiche,  sto impegnandomi nell’Associazione con l’intento di essere utile ad altri ….

Si’, perché insieme ad altri 3 meravigliosi amici,  ho contribuito a fondare  l’ Associazione di volontariato  “Vivere senza stomaco”, che sta crescendo, che sta raggiungendo obiettivi  non certamente ipotizzati.

Ho conosciuto, tramite il gruppo di FB , che ci ha fatto incontrare, tantissime persone speciali. Con alcune delle quali è nata sincera amicizia.

Sul fronte lavorativo, dopo la malattia, alla ripresa dell’attività, nonostante iniziali grandi difficoltà legate ai danni metabolici, e ad un dirigente che per fortuna ha smesso di nuocere alla scuola, ORA sto fattivamente lavorando a diversi progetti, con qualche utile risultato e qualche soddisfazione. E, quindi, sono riuscita a riprendere il lavoro, a sentirmi attivamente lavoratrice.

Sto vedendo e assaporando la crescita di mia figlia. La mia figlia adorata. Vivo la mia famiglia con la consapevolezza che “insieme” siamo forti.

Faccio passeggiate con quel monello di Max, e ogni volta il mio animo si alleggerisce, e il sorriso, se prima non c’era, riaffiora.

Osservo il mio giardino mutare con il passare delle stagioni, stupendomi, ogni volta, di poterle ri-vedere, ri-sentire. Ma soprattutto ho imparato a non dare più nulla per scontato. Il TEMPO soprattutto.

In estate assaporo le passeggiate sulla battigia, fondendomi con l’acqua che lambisce i miei piedi. Gioia pura.

Certo che ne è valsa la pena.

Ciò che devo ricordare è che, alla Vita,  devo almeno 7 anni e che il mio prossimo impegno dovrà essere quello di vivere … i prossimi… nel modo migliore.

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Dieci anni

 Il 2015 sarà un anno molto particolare.  Tutto è iniziato dieci anni fa, proprio in questi giorni. I primi giorni di tosse erano stati attorno a Natale, in realtà, ma fu esattamente in questo periodo, sul finire di gennaio, che iniziai a prendere lo sciroppo che in casa stavano prendendo anche mio nonno e mia madre. Fu il primo, pietoso, inutile tentativo di curare una tosse che solo la chemio poteva far passare. In seguito arrivarono gli antibiotici. Dopo ancora, arrivarono gli antistaminici. Poi antistaminici e triaziolo-benzodiazepine.

Sarà quasi impossibile, quest’anno, non pensare ciclicamente “dieci anni fa, di questi tempi, accadeva questo e quello”. Dieci anni. Dieci anni sono un tempo così lungo, eppure così breve. Quanta fatica, quanta auto-analisi, quanto blog. Quanti periodi di buio. Mesi e mesi di cui non ricordo quasi niente perché ho bisogno di proteggermi. Quanto dolore per risanare il dolore della malattia e quello che c’era già da prima. Quanto lavoro per trovare questo equilibrio. L’ho cercato tutta la vita. Tanto lavoro e tanta fortuna.”

Quindi, sì, il 2015 sarà l’anno del “10 anni fa, di questi tempi…” ma sarà anche – e quel che conta è questo – l’anno del “ora, dieci anni dopo, invece…”

Dieci anni fa, di questi tempi, iniziava quel dolore che urlava, quel dolore che nessuno capiva, quel dolore che ha fatto risaltare dinamiche perverse, quel dolore che ha sgretolato forse non tutto ma tanto, il dolore di quel corpo che gridava e picchiava i pugni contro la porta di una mente che non sapeva ascoltarlo.

Dieci anni dopo, invece, c’è l’equilibrio. C’è la mia bambina, quella su cui pochi dottori avrebbero scommesso, che toglie dalle buste della spesa un pacco di pasta e corre a portarlo al suo papà – l’uomo che ho trovato, che ho scelto, che dopo tanto lavoro ha creato con me una squadra ben rodata – poi si ferma di colpo. Si gira, mi guarda e sorride. Sembra indecisa, è come se avesse qualcosa “da dirmi”. Fa un saltello verso di me, mi dà un bacio e corre via.

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Tu chiamale se vuoi…inezioni!

spilloUna delle cose con le quali ho dovuto (per forza) acquisire familiarità sono le punture…

Tutto è iniziato con le iniezioni post-operatorie di calcioparina. Inizialmente ero disperata perché non sapevo come fare né a chi avrei affidato il compito di forarmi la pancia. La prima sera in cui dovevo iniettare la calcioparina ero in casa con un’amica e il mio moroso. Dei tre nessuno era capace e quindi non sapevamo assolutamente come muoverci, poi per fortuna il mio amore si è deciso ed ha preso in mano la situazione. Se mi sono fidata di lui in quell’occasione può stare tranquillo per sempre: ancora rido come una matta se penso che, guardando un video-dimostrazione su youtube, provava nell’aria la velocità e l’angolazione con le quali sarebbe dovuto entrare nella pelle. Da quella sera era diventato il mio infermiere ufficiale ed ogni sera mi raggiungeva per fare la punturina. Nonostante la dose fosse minima, il liquido bruciava parecchio e quindi purtroppo non era proprio un’esperienza piacevole.

In seguito ho iniziato la procedura per la crioconservazione degli ovociti… mi tocca sempre fare una puntura al giorno, ma questo nuovo medicinale non mi dà alcun fastidio, quindi una sera mi sono fatta coraggio ed ho deciso di provare da sola. Dall’ansia non riuscivo nemmeno a bucare la pelle, però devo ammettere che non è una manovra particolarmente difficile e neanche fa così schifo come pensavo. Giorno dopo giorno ci sto prendendo sempre più la mano. Mai avrei pensato di potermi forare la pancia con così tanta nonchalance.

In questi ultimi giorni le dottoresse hanno intensificato la cura aggiungendo altre due iniezioni serali al solito farmaco indolore. Una di queste punture, oltre ad essere costosissima, mi brucia e mi provoca una sorta di reazione allergica: la zona mi diventa tutta rossa e si gonfia come se mi avesse punto un insetto. Nonostante ciò resisto e continuo ad ostinarmi nel fare da sola le iniezioni. Non mi dà alcun fastidio. Addirittura una sera, dopo aver preparato tutte le soluzioni, ho iniziato a bucarmi la pancia mentre i miei suoceri ancora stavano cenando. Ovviamente mi hanno fatto notare che non fosse proprio il massimo della vita vedermi mentre lo facevo, quindi ora cerco di stare più attenta a non farle più in “pubblico”: se sono al ristorante o a casa di qualcuno prendo le mie belle soluzioni e mi chiudo in bagno a sforacchiarmi la pancia.

A queste punture serali si aggiungono ovviamente tutte quelle nelle braccia. Tra prelievi ed iniezioni ho le braccia che ormai sono diventate un colabrodo. Talmente livide che le infermiere fanno fatica a trovare le vene. Ma si può?? Prima o poi qualcuno, come mi ha fatto notare mia mamma, mi prenderà per una tossica cronica…

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La crisi degli ovociti

spilloIn un mese e mezzo di esami mi ero (purtroppo o per fortuna) già fatta un’idea di chi potesse essere il mio strano coinquilino. Leggendo qua e là avevo capito che la soluzione di questo problema sarebbe stata la chemioterapia e mi ero quindi già preparata a tutti gli “effetti collaterali” che avrebbe avuto sul mio corpo. Tutti, tutti tranne uno. Quando le dottoresse mi hanno comunicato che in seguito alla chemio ci sarebbe stata la possibilità di rimanere sterile sono caduta nella crisi più profonda. Per essere sinceri le percentuali di sterilità sarebbero state bassissime, un 5-10% circa, ma solamente l’idea mi ha terrorizzato. È l’unica cosa per la quale ho pianto davanti ai medici. Da sempre sogno di essere mamma e niente e nessuno potrà mai privarmi di questa gioia. Soprattutto il Signor H.

…e così mi sono trovata davanti ad una decisione difficilissima: provare a seguire un percorso che permette il congelamento degli ovociti oppure procedere immediatamente con la chemioterapia.

Presente o futuro?

Se fossi un uomo sarebbe tutto più semplice: bastano pochi attimi per poter congelare il seme. Ma sono una donna e il processo richiede in media tre-quattro settimane. Consiste nella stimolazione delle ovaie per mezzo di punture in pancia ogni sera. Poi tramite esami del sangue ed ecografie (un giorno sì e uno no) si controlla lo stato di produzione degli ovociti e al momento giusto si procede con un intervento (purtroppo in anestesia totale) che li aspira per poi congelarli.

I medici inizialmente mi hanno sconsigliato di seguire questo procedimento poiché avrebbero preferito iniziare subito con la chemio. Anche amici e parenti erano “contro”: mi dicevano che sarebbe stato più importante pensare per una volta a me stessa e non sottoporre il mio corpo ad ulteriori stress. Io non ero convinta. Per me era ed è una questione troppo importante perché guarire e non poter realizzare il mio sogno sarebbe comunque orribile.

Vedendomi così disperata i medici mi hanno consigliato di seguire la mia volontà e di iniziare quindi la cura. Mi hanno detto che in qualsiasi situazione di urgenza o di peggioramento della malattia sarebbero stati i primi a sospendere tutto quanto per farmi iniziare la chemioterapia. OK. Finalmente, più tranquilla e serena, mi sono sentita dire ciò che volevo ed ho deciso serenamente di iniziare questo percorso.

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caro cancro… ti scrivo …oggi….

Caro cancro oggi ti scrivo.
Ricordo molto bene quando ti ho incontrato
quella sera sotto la doccia
passando la mano meno velocemente
o forse più attentamente del solito
ho sentito la tua presenza.
Ricordi?! Sono andata a letto senza dire nulla
a nessuno
sicura che il mattino dopo saresti sparito.
Balle.
Eri lì , con la tua presenza ingombrante.
Certo che avevi scelto il momento giusto!
Proprio
il momento in cui ero più vulnerabile:
appena 15 giorni dopo il funerale di mia mamma.
Ho sempre pensato che, chissà da quanto tempo,
ti nutrivi, crescevi indisturbato dentro di me,
grazie alla mia disattenzione
o forse proprio quando la mia
attenzione era rivolta ad occuparmi
di mia madre.
Hai giocato sporco!
 All’inizio mi hai buttato a terra
non capivo nulla di quello che mi dicevano i medici
mi sembrava di vivere in un altra dimensione.
Ma poi
mi sono arrabbiata!
Ero inc…..ta   talmente tanto
da meravigliarmi io stessa
di come già mi avevi cambiato: io sempre tranquilla e accondiscendente
ora ero diventata una iena
incavolata a vita proprio con te.
Possibile, visto che eri una parte di me?!
Non ti ho mai considerato un alieno, un mostro , una bestiaccia
Eri una parte del mio corpo
impazzita, anarchica
che agivi in modo subdolo
e silenzioso
e per questo eri potuto crescere
così tanto!
RIcordo che quando l’oncologo, il dott. R  mi disse che avevano
deciso di farmi fare i sei mesi di chemioterapia per ridurti
prima dell’intervento
ho pensato che, no! Avrei voluto che ti togliessero subito
dal mio corpo
non volevo passare sei mesi in tua compagnia
ma volevo che ti estirpassero subito…
Mi sono dovuta abituare a sapere che c’eri
che eri sempre lì
bombardato dalla chemio
ti riducevi
e io arrabbiata ero come una forsennata
in questa mia corsa contro il tempo..
Il tempo… era la paura che avevo, la paura di non averne di tempo.
Tu me lo stavi rubando.
Avevo tante cose da fare,
e tu avevi sconvolto la mia vita…
Ho sopportato la chemioterapia con gli effetti collaterali
perchè sapevo che non erano inutili tutti questi sacrifici
perchè tu continuavi a ridurti…
la battaglia era ancora lunga , eravamo agli inizi, ma
tu stavi vacillando…
Con rabbia, tanta rabbia , pensavo a tutto quello che dovevo
sopportare per avere la possibilità di provare ancora a vivere
e sopportare tutto quello a cui dovevo sottopormi
per sconfiggerti.
E il 26 marzo del 2014
ci hanno separato.
Finalmente.
Il chirurgo, mi ha detto che , con l’esame che mi hanno fatto
il giorno prima dell’intervento
il macchinario aveva rivelato
una tua codina, un peduncolo (?)
nascosto
sfuggito all’eco e alla mammografia .
Bastardo.
Se non se ne fossero accorti saresti rispuntato dopo poco
e io avrei dovuto ricominciare
tutto daccapo
sempre che tu non ti fossi nel frattempo troppo rafforzato.
Ci hanno separato ma , tu, nel frattempo,  in tutti i sei mesi in cui avevamo
convissuto, ti eri intrufolato
nell’anima, nel più profondo angolo della mia anima…
Per questo, pur sapendo che ci avevano separato,
io ti sentivo
ti sento ancora
come se tu fossi ancora da qualche parte
nascosto dentro di me.
Il dott. R mi ha detto che loro hanno fatto la loro parte
per liberarmi da te
e che ora tocca a me fare la mia
ma questa è la parte più difficile
la mia battaglia
contro di te non è finita
perchè la Paura del cancro
non finirà mai…
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Two is better than one!

spilloFinalmente tolgo il cerotto!!! Sono passati 18 giorni dalla mediastinoscopia ed è il momento di vedere la tanto temuta cicatrice… ma soprattutto è finalmente giunto il momento di fare una benedetta doccia! È pazzesco come, in queste situazioni, le priorità cambino e si riesca a capire l’importanza delle piccole cose di ogni giorno. Mia mamma era obbligata a lavarmi nella vasca perché non potevo muovere il collo e bagnare il cerotto; mi sembrava di essere tornata bambina!

La mia adorabile e giovanissima chirurga aveva detto di essersi impegnata moltissimo nel fare il “ricamino” della cicatrice al meglio perché non fosse molto visibile e devo dire che aveva proprio ragione. Ora alla base del collo il taglio è visibile e arrossato, ma credo che nel giro di poco tempo non si farà più tanto notare.

La cosa che più mi ha stupito è che la cicatrice sembra un grande sorriso ed i medici mi avevano detto sin dall’inizio che l’arma migliore per affrontare tutto questo difficile percorso sarebbe stata proprio il sorriso. Beh…se tutto questo è vero, allora il Signor H deve iniziare a tremare, perché io ora non ho un sorriso, ne ho due!!!

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Verso una diagnosi…

spillo…ovvero il mio primo mese e mezzo per ospedali!

25-01-15     Ho passato un weekend in cui mi sono un po’ strapazzata ed ora mi ritrovo a letto con febbre e raffreddore. Come se non bastasse ho anche tutti i dolori mestruali possibili…ed uno strano male al fianco. Penso inizialmente di aver preso uno strappo. Lo dico a mia madre e mia nonna, ma anche loro non ci danno molto peso. In effetti io sono una tipa un po’ tragica ed ogni giorno tiro fuori un male diverso.

28-01-15     Il mestruo è passato, ma il dolore al fianco no. Decido di andare al pronto soccorso. All’accettazione mi consegnano una fialetta, poiché sospettano sia una colica renale e devono verificare la presenza di sangue nelle urine. Mi dicono che è presente in piccola percentuale e mi fanno accomodare in sala d’aspetto per sette lunghissime ore. Quando la dottoressa finalmente mi fa entrare in ambulatorio spero di fare al più presto un’ecografia di controllo. E invece…solo due pacche sulla schiena. Dico che non è quello il punto esatto in cui sento male ma non vengo ascoltata. Mi dimette con la diagnosi (basata sul nulla più assoluto) di colica intestinale e mi prescrive delle pastiglie da prendere per 5 giorni.

02-02-15     Il male/fastidio al fianco non passa e mia madre mi obbliga (PER FORTUNA!!) ad andare dal medico per spiegare il mio problema. Senza alcuna esitazione il mio medico richiede un’ecografia urgente ed una miriade di esami del sangue.

03-02-15     Non appena il medico ha passato il “macchinino” sul mio fianco per spalmare il gel dell’ecografia si è reso conto che il mio male non era di certo uno strappo, né tantomeno una colica intestinale: attaccate al rene sinistro ha trovato due palline di 2,5 cm e sulla milza multiple formazioni della stessa natura. Mi viene detto che possono essere qualsiasi cosa, da semplici cisti a cellule tumorali. L’ecografo per sicurezza richiede una TAC con e senza metodo di contrasto per chiarire questo dubbio. Inutile dire che in quel momento mi cade il mondo addosso.

05-02-15      Esami del sangue. Ora dovrò aspettare qualche giorno per avere gli esiti…

08-02-15     La TAC è uno di quegli esami che prima d’oggi ho visto solo nelle puntate di Dr. House. Mi fanno sdraiare su un lettino e poi mi inseriscono una flebo nel braccio. Devo stare immobile circa 15 minuti mentre passo attraverso un anello gigante. A metà esame capisco che il contrasto è stato iniettato quando sento un calore pazzesco dalla testa alla vescica e mi sembra che gli occhi mi stiano per esplodere. L’infermiera mi vede un po’ agitata e mi lascia parlare con il medico che ha visionato le immagini durante la TAC. Questo mi porta immediatamente a fare una nuova ecografia e al termine di questo esame conferma semplicemente ciò che già sapevamo.

11-02-15     Vado a ritirare gli esami del sangue, che sono totalmente sballati. Qualcosa che non va c’è di sicuro… uhm… Corro anche in ospedale e con una scusa mi faccio consegnare in anticipo anche il referto della TAC addominale. È confermata la presenza delle “palline”. Sono linfoadenomegalie, ovvero linfonodi ingrossati. Torno quindi dal mio medico e lui, sempre più serio, richiede una visita in ematologia poiché sospetta un’infezione o una malattia sanguigna.

13-02-15     E’ inutile dire che io e la mia famiglia vorremmo risolvere la situazione nei tempi più brevi possibili. In ematologia conosciamo i 2 medici che da oggi seguiranno il mio caso. Continuano a spiegarmi che il quadro clinico non è chiaro e servono ulteriori accertamenti. Mi prescrivono quindi una radiografia del torace, che per fortuna riesco a fare in giornata. Torno in ematologia con i risultati ed i medici mi spiegano che c’è un notevole allargamento del mediastino (la zona centrale del torace tra i due polmoni). La massa è di quasi 10 cm. È necessario fare un’altra TAC (questa volta di collo e torace) per un’ulteriore conferma.

17-02-15     E quindi…di nuovo TAC e di nuovo il contrasto! E come se non bastasse questa volta le infermiere si sbagliano e non chiudono bene la valvola, quindi mi ritrovo a dire con un fil di voce (provateci voi a parlare mentre siete immobili perché vi stanno “fotografando” il collo!) che il contrasto mi sta colando giù per un braccio. Le comiche mi fanno un baffo!

20-02-15     Porto ai medici di ematologia l’esito dell’ultima TAC e scoprono che anche i linfonodi del collo sono ingrossati. Mi dicono che è necessario fare una biopsia per analizzare un pezzo di linfonodo e scoprire di che tipo di linfoma si tratta (perché a questo punto è proprio sicuro che sia un linfoma). Ma ancora gli esami non sono finiti…

24-02-15     Per vedere quali dei linfonodi ingrossati sono realmente malati è necessario fare la PET – un esame semplice che durerà un quarto d’ora – mi dicono. Mi iniettano una sostanza radioattiva e da quel momento non potrò rimanere con i miei genitori in sala d’aspetto poiché sono potenzialmente “pericolosa” per donne incinta e bambini. Mi portano quindi in un’altra saletta con tutti gli altri radioattivi per aspettare che la sostanza mi entri in circolo. Dopo un’ora finalmente l’esame (a questo punto è vero che dura un quarto d’ora!) che è simile alla TAC.

03-03-15     Senza avere ancora l’esito della PET (anche se in realtà i medici di ematologia avevano già visto la “foto”) vengo operata. L’intervento è una mediastinoscopia: anestesia totale, taglio alla base della gola e mi viene asportato uno dei linfonodi del mediastino. Di sera sto già bene e vorrei uscire, ma devo stare ovviamente almeno una notte in osservazione.

04-03-15     Mi dimettono senza complicazioni e passo dal mio medico per prenotare la radiografia di controllo. Nel frattempo a lui sono arrivati gli esiti della PET e scopro che tutti quanti i linfonodi ingrossati sono in effetti malati. La mia “foto” sembra la radiografia di un dalmata: uno scheletrino pieno di macchie nere tutte ammassate…  Il referto non esclude che la malattia abbia potuto colpire anche ossa e midollo. Ansia pura.

16-13-15     Primo colloquio con le nuove dottoresse che mi seguiranno da oggi in poi. Loro riescono a mettersi in contatto con chi sta svolgendo gli esami istologici sul mio linfonodo e finalmente si capisce cos’ho. Mi viene diagnosticato il linfoma di Hodgkin al terzo stadio (su quattro). Il colloquio è lungo e mi viene anticipato che dovrò fare la chemioterapia. Almeno 6 mesi. Non riesco a smettere di pensare alla dottoressa del pronto soccorso. Se non fosse stato per lei forse non avrei perso tutto questo tempo alla ricerca di una risposta…

…e il tour de force è solo iniziato…penso al mese e mezzo d’inferno appena passato e invece mi aspetta il periodo più duro: visite, controlli, una biopsia ossea TAC e PET da rifare, terapia per conservare gli ovociti, e poi ovviamente dovrò partire con la cura… sono già stanca solo a pensarci…

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E’ successo in DH …. tempo fa

Sempre dalla sacca dei ricordi…
Percorro il corridoio del Day Hospital
accanto all’infermiere col sorriso che mi è venuto a chiamare
in sala d’attesa.
Un corridoio che all’inizio, alle prime terapie mi sembrava lunghissimo
forse inconsciamente lo paragonavo al percorso
che dovevo fare per curare il mio cancro…
Entriamo nella stanza , mi siedo in poltrona
e mi guardo attorno.
 Guardo il cielo azzurro fuori dalla finestra
il cielo,
il mio cielo azzurro….
Stanza 23….
C’è la signora ultraottantenne
incredula che alla sua età debba anche combattere
un cancro.
Ha avuto tante vicissitudini nella sua vita
ma mai avrebbe pensato che le sarebbe

capitato anche un cancro…
E dillo a me, ho pensato io…
Poi , nel letto di fronte  c’è una donna
un pò più grande di me
forse qualche anno in più.
Ha la testa spelacchiata, i capelli le sono caduti
non tutti o forse le stanno ricrescendo piano piano
Sfoggia la sua testa con naturalezza
Mi fa tenerezza vederla senza capelli
mi fa ripensare a qualche mese prima
quando anche io avevo una testa spelacchiata
ma che portavo  sempre coperta
da una bandana o un foulard
Mai sarei riuscita  a sfoggiare la
mia testa pelata…
mai mi sono guardata allo specchio in quei mesi…
I nostri sguardi si incrociano
ci sorridiamo
con tenerezza, ci comprendiamo,
forse i nostri pensieri sono all’unisono
forse lei , vedendomi, pensa che fra qualche mese
riavrà i capelli, magari anche più belli di prima
ce li siamo meritati dei bei capelli!
Poi, nell’altro letto c’è una signora , distinta,
capelli lunghissimi, belli, sembrano quasi veri…
Passa quasi tutto il tempo al cellulare
conversando e programmando una serata
a cena in pizzeria con gli amici…
La vita che scorre, la vita che modelli attorno ai tempi
delle terapie , degli effetti collaterali, delle visite, delle analisi,
dei vari controlli,
perchè il tuo tempo è assorbito dal prenderti cura di
te stessa e cercare di sconfiggere il cancro,
il tuo tempo
 che ora ha avuto un cambiamento di rotta
e che se, fortunatamente riavrai,
dovrai riconvertirlo
e sarà come riprogrammare la Vita…
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Ieri … un anno fa

Ieri 7 marzo era un anno dalla fine della chemioterapia.
7 marzo 2014
Sono certa che alcune date rimangano impresse a fuoco nella mente,
magari dimentico altre cose
ma le date,
le  DATE
quelle che hanno segnato delle tappe in un percorso
in QUEL percorso
credo proprio che non le dimenticherò.
E il 7 marzo 2014 , no di certo, non è da dimenticare.
L’ultima chemioterapia.
Come spesso mi succede, provo sentimenti contrastanti.
Felice, perchè la fine della chemio è inevitabilmente
una gioia immensa!
Perplessa, perchè mi chiedevo : e ora? Con cosa combatto il cancro?
Ero a meno della metà del percorso.
Dovevo ancora fare l’intervento.
Alla prima chemio il 18 settembre 2013
mi ero caricata sulle spalle la chemioterapia.
Anzi, la chemio era un mantello nel quale mi ero avvolta
e a spada tratta iniziai la corsa , la battaglia al cancro.
Ho vissuto tutti i sei mesi di chemioterapia
come una forsennata,
tranquilla che lo avrei sconfitto,
capito?, cancro? , io avrei vinto
io ero più forte,
e nella mia corsa a spada tratta
mai mi sono fermata, certo a volte  ho rallentato il passo,
ho passato giorni a letto,
ho fatto il solco tra il letto e il bagno
per vomitare a volte il nulla
non avendo nulla più se non gli occhi da vomitare.
Ma ce l’avevo fatta.
Ero arrivata in fondo.
Potevo togliermi il mantello, depositare la mia chemio
lì in Dh e
e pensare che una tappa era fatta, FATTA,
ora mi aspettava il resto del cammino
non semplice, non privo di incognite
ma
continuavo a camminare , un pò meno spedita,
un pò stropicciata e malconcia
senza capelli, nè ciglia, nè sopracciglia
un pò più insicura e preoccupata perchè mi sentivo senza armi
per poter combattere, se non la determinazione.
Altre armi le avrebbero usate i chirurghi,
i radiologi, l’oncologo
Bè ce n’era ancora da fare
e sempre più stopicciata
mi sono affidata nuovamente  a loro…
(dedicato a tutte le donne e a tutte le persone che combattono,
che hanno combattuto questa battaglia)
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