Osservando mio zio ho capito. Ho capito che le persone quando affrontano un grave problema di salute tirano fuori il meglio di se. In questi mesi mi avete fatto complimenti di ogni genere. Avete lodato la mia forza, la mia dignità di fronte alla malattia, la mia personalità positiva verso il futuro. Io li ho sempre accettati con riluttanza perché mi sembravano eccessivi. Adesso ho capito; osservando mio zio ho capito.
Mio zio è un fifone. Uno che per prendere una pastiglia la sbriciola e poi la mette in bocca con un cucchiaino, ingoiarla? Neanche a parlarne! Gli aghi? Terrore! Eppure in questi giorni l’ho sentito sereno e tranquillo, cosa che mi è stata ripetuta anche da chi l’ha visto. Com’è possibile? E’ possibile perché la maggioranza delle persone di fronte al dolore riesce a reagire con coraggio e dignità; allo scoramento e alla paura iniziali subentrano presto coraggio, forza e dignità specie quando si ha l’appoggio e l’amore delle persone intorno a se. Negli ultimi dodici mesi di malati ne ho visti tanti, troppi. Quasi nessuno in crisi, ansioso o disperato. Tutti accomunati da forza e voglia di lottare.
Ho capito quindi di non essere stato speciale come mi avete detto ma piuttosto quanto siete stati speciali voi nel darmi la forza.
Una cosa ve la concedo. Credo che il modo in cui io stia reagendo alla disabilità sia speciale: quello sì! In una situazione del genere abbattersi è facile. Quando ho realizzato cosa potrò e cosa non potrò fare ho pianto a dirotto; ho passato qualche giorno di grande dolore e disperazione. Poi ho reagito nell’unico modo possibile se volevo continuare a vivere. Ho guardato avanti pensando a tutto quello che ho ancora da fare, a tutto quello che ho, a tutti gli anni che ho ancora da vivere. Non sarà come me l’ero immaginato, come l’avevo sognato. Sarà più bello.
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