– Mamma, sai, io l’ho detto alla mamma di Caterina che hai avuto il cancro. Non è che ti dispiace?
[Caterina è una sua nuova amica, una compagna di classe da cui è andata ieri a pranzo e da cui andrà stasera a dormire.
Sua madre non lavora, e per questo mi ha fatto anche il favore di riportarmela a casa, visto che lei doveva andare a riprendere il più piccolo dei suoi tre figli. Con lei ho chiacchierato molto durante l’attesa infinita nel pomeriggio di passione dei colloqui con i professori.]
Sgrano gli occhi. E’ la prima volta che Lula usa il termine cancro, è la prima volta che ne parla con qualcuno e sembra perfettamente consapevole che non è un argomento di cui si parla facilmente. Anzi, sembra proprio che abbia capito che per la maggioranza delle persone è un tabù, ma che per me quasi certamente non lo è.
– No, be’, no, non mi dispiace. Ma come mai ne avete parlato?
– Sai, mentre mi accompagnava mi ha chiesto che lavoro fai, poi si è ricordata che lo sapeva. Allora io le ho detto che veramente ti piacerebbe stare a casa, come quando avevi il piede rotto, perché stai scrivendo un libro. Lei mi ha chiesto che genere di libro e allora io le ho detto che avevi avuto il cancro… Ma davvero non sei arrabbiata?
– Ma no, lo sai che per me non c’è niente di male a parlare di questa cosa.
Si alza e viene ad abbracciarmi. Ci sbaciucchiamo un po’ e continuo: – Però spesso sono gli altri a sentirsi in difficoltà, anche sembra un po’ assurdo. Lei poi cosa ti ha detto?
– Mi ha detto che le dispiace.
– Eh, appunto.
Più tardi chiamo la mamma di Caterina per avere la conferma dell’invito a dormire, e scherzando le dico:- Lula mi ha detto che ti ha messo al corrente delle mie vicende.
– Oh, sì, stavo per scoppiare a piangere, mi sono dovuta trattenere e ho cambiato subito discorso.
Eh? Capisco che l’argomento non è semplicemente tabù, per lei, deve esserci altro.
– Sai, abbiamo tante persone care che… Un’amica è morta l’anno scorso, per un cancro al seno che alla fine era arrivato alle ossa. E’ stata bravissima, a combattuto per dieci anni, da quando il figlio aveva un anno.
Adesso sono io che ammutolisco dentro, anche se fuori, con la mia solita nonchalance, cerco semplicemente di frenarla sui dettagli. Finalmente ci riesco e mi fa i complimenti sul modo disinvolto e sereno con cui Lula parla di queste cose.
– Sì, sono molto contenta di come le ho fatto vivere quei momenti e di come ora ne possiamo parlare.
Lula è forte, fortissima.
Come sua madre.
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