Arriva il post serio

Sono tornata a casa, e questo è il post serio.
Sono tornata a casa frastornata, non ero mai stata via così tanti giorni di fila dalla mia famiglia da quando è nato il Power. Ho trovato un caos incredibile, lo ammetto, ma non posso dir nulla perchè casa in questi giorni è stato più un luogo di sopravvivenza di due persone che abitualmente si dedicano a tutto fuorchè a lei, che non la nostra solita casa di cui mi occupo. Come si dice, occhio non vede cuore non duole, ma io aggiungo, nei limiti delle mie possibilità ora son tornata e pian piano si rientrerà nella normalità.
Dell’esperienza-ospedale non c’è molto da dire: chiunque sia stato ricoverato anche solo per una appendicite sa come è fatto e come ci si vive, sa delle infermiere sempre tanto gentili e del mangiare su cui è meglio stendere un velo pietoso, dell’odore delle medicine e dell’esperienza/intervento che ti fa passare da un’attesa interminabile a una dormita che manco ti ricordi sia mai iniziata, a un risveglio che ha del surreale prima e del vomitevole poi, delle visite, delle attese, dei medici che ti sembrano uno più sbarellato dell’altro e del Power che ha come missione personale la distruzione del reparto iniziando dalla poltrona a rotelle, che da poltrona di comando della nave spaziale si trasforma in poco tempo in pezzi da ferramenta. No, in effetti quest’ultima cosa è di mia prerogativa, che se ogni ricoverato avesse il suo Power apriti cielo.
Comunque.
Grazie al cielo siamo nell’era del cellulare, e la solitudine è stata relativa.
Grazie alla ASS n.5 nelle camere c’era il televisore, anche se usato pochissimo per ovvii motivi.
Grazie al web esistono tante vicinanze virtuali, di cui ho usufruito (sarà anche un lavoro psicologico il mio ma ha funzionato) per darmi una calmata mentre ero in sala preoperatoria.
Grazie a non so cosa che ho preso l’abitudine di portarmi ovunque un ricamino o un lavoretto a uncinetto da fare, così da avere una valida alternativa al libro, alla rivista o al giornaletto di enigmistica. Ma anche il diario, che in questi giorni ha visto stendere un numero adeguato di righe.
E grazie alla mia mamma che mi ha aiutato a lavarmi come quando ero una bambina perchè con i drenaggi attaccati non riuscivo a far molto, e a mia cognata che me l’ha portata e riportata.

E poi c’è il resto. La parte più pesante. Quello che mi faceva più paura, l’incontro con il mio corpo cambiato.
Che è stato meraviglioso.
Mi hanno cambiato la medicazione per la prima volta mercoledì, così, di brutto. Mentre mi toglievano le garze e i cerotti d’istinto ho girato la testa dall’altra parte, coi lacrimoni: non volevo guardare. Ma un altro istinto (e la voce del primario, dolce ma ferma, che mi diceva “il nemico va affrontato subito”) mi ha fatto rigirare la testa pian piano.
E ho visto.
Ho visto due lunghe cicatrici, ma non erano orrende, erano pulite. Non erano certo belle, e anche una volta asciutte una delle due mi segnerà in diagonale fin quasi sul collo. “Ecco cosa mi hai fatto, brufolo bastardo, piccolo e nascosto guarda come mi hai ridotto” è stato il primo pensiero, rabbioso, quasi un ringhio silenzioso.

E poi… “pensavo peggio. Si, pensavo peggio. Visto che ci devo convivere, guardiamo il lato positivo: non ne verrà fuori poi un orrore come mi immaginavo. Un po’ di olio adatto e con il passare dei mesi saranno accettabili. E a chi avrà il coraggio di guardarle, a chi le noterà, chiederò se ha fatto la mammografia per la diagnosi precoce”.
E il medico ha richiuso il tutto con i cerotti.

Ieri mattina, in bagno, mi sono guardata allo specchio. Sono gonfia, ho degli ematomi, è normale, tempo al tempo e se ne andranno. Ma la sorpresa è stata inaspettata: i due seni che erano prima enormemente diversi, ora hanno le stesse identiche dimensioni. Strana la vita. Ecco un lato positivo della faccenda che non mi aspettavo. Tutto sommato mi risparmio la ricostruzione, non serve. Cicatrice a parte, va bene così.
Non ho urlato come nei film dell’orrore e come mi aspettavo di reagire. Non è così ripugnante. Sono io con un seno cambiato, ma sono stata risparmiata dal peggio, e mi ritengo fortunata.

E adesso avanti. La parte più pesante della terapia è passata, chemio e intervento sono andati. Adesso mi aspetta la radio tra un po’ di tempo, e la terapia ormonale, i controlli, e durante il tutto la fisioterapia per il braccio.

E no, non credevo che sarei arrivata fin qui, ma ci sono arrivata. Il che significa che ce la si può fare. E’ dura, ma si fa.

QUI il post originale

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