Fortune

 Il post di Wide mi ha fatto tornare alla mente tanti ricordi di quando anch’io ho fatto la radioterapia.

Ho ripensato a quelle maschere che mi facevano un po’ impressione, tutte in fila sullo scaffale. Mi chiedevo sempre come ci si sentisse con il muso grigliato e pensavo di essere fortunata a non averne bisogno.

A distanza di quattro anni, mi rendo conto di quante altre fortune ho avuto.

Niente ustioni per me, almeno all’esterno. Perché in reparto non usavano le cremine alla vitamina E, che magari faranno bene per le rughe, ma usarle contro le radiazioni è come proteggersi dal gelo con una camicia di cotone: meglio che niente, certo, ma non basta. Mi hanno dato una crema al cortisone da spalmare ogni santo giorno su tutta la zona trattata, da una settimana prima dell’inizio fino a tre settimane dopo la fine delle terapie. Quella proteggeva sul serio, infatti gli unici problemi li ho avuti nelle zone in cui non era materialmente possibile spalmarla… no, non chiedetemi quali: fate uno sforzo d’immaginazione!

In reparto poi erano tutti carinissimi: le infermiere del day hospital, i tecnici della radioterapia… Anche adesso, quando vado a fare i controlli e passo a salutarli, mi fanno un sacco di feste.

Con gli altri pazienti non ho avuto molti contatti, perché la chemio l’ho fatta praticamente a casa, con il serbatoio sempre attaccato, andavo in day hospital solo una volta alla settimana per farmelo sostituire. Anche in sala d’attesa non ho avuto molte occasioni di socializzare con altri pazienti, perché c’era sempre qualcuno con me.

Sono andata da sola a fare soltanto le ultime due sedute, e ho quasi dovuto litigare per impedire che mi accompagnassero, perché finalmente mi sentivo abbastanza bene da guidare per i 50 km che ci sono tra casa mia e il centro oncologico ed era una piccola vittoria potercela fare senza aiuto, anche solo per quelle due volte.

Già, perché le precedenti 28 volte quei 50 km ad andare e 50 km a tornare, al volante se li era sempre sciroppati qualcun altro: amiche, amici, zie, zii, cugine e Renato. A turno, un giorno alla settimana per ciascuno, per un mese e mezzo. A parte la settimana in cui la zia Carla, di Monza, si è presa ferie per venire a darmi una mano e mi ha accompagnata lei, tutti i giorni. Mi commuovo ancora a ricordarlo. Si è beccata anche i giorni più sfortunati, gli ultimi di chemioterapia, quando stavo malissimo e mi sono dovuta fermare in day hospital per qualche ora, anziché i soliti 15/20 minuti, per fare le flebo di cortisone e antiemetico. Lei restava ad aspettarmi in sala d’attesa, su quelle sedie di legno scomode, fino al pomeriggio, quando ormai nella stanza delle infusioni non c’erano più altri pazienti e allora la lasciavano entrare a sedersi vicino a me, su una sedia altrettanto scomoda. Non si è lamentata mai, anzi, quasi piangeva a vedere come stavo male in quei giorni.

E poi l’ha rifatto, sapete? Quando sono stata operata si è presa un’altra settimana di ferie per scarrozzare su e giù la mamma, che ormai non guidava più da anni e aveva lasciato scadere la patente, e per portarmi ogni mattina il thermos di tè verde al gelsomino. Così le infermiere, quando entravano in camera, annusavano l’aria come cani da tartufo, perché quel profumo non era proprio da ospedale, era profumo di casa, di famiglia, di persone che si prendevano cura di me.

Sono fortune grandi, sapete? Davvero.

(qui il post originale)

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3 risposte a Fortune

  1. Anna ha detto:

    Sono alla ricerca di ” compagni di viaggio”. Poco più di un anno fa tumore al seno, il 9 luglio biopsia utero…..sono terribilmente in crisi

  2. alberto ha detto:

    Ti faccio gli auguri…. io ho avuto un seminoma 10 anni fa… tutto passa, non dimenticarti mai di sorridere, anche quando tutto sembra nero.

  3. ten adres ha detto:

    rak prostaty to poważna sprawa

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