Perché io?
È una domanda che probabilmente ogni paziente oncologico si è posto almeno una volta e che può avere più di un significato.
Il primo, il più immediato, il più comune è Perché mi è successa questa cosa orribile?
Questa domanda dà il via a una sorta di autoanalisi per cercare di capire. Forse nella tua famiglia c’è qualche familiarità per le patologie oncologiche, o forse no. Ti chiedi comunque dove hai sbagliato, magari sulla scia di qualche teoria più o meno scientifica sulle cause del cancro, che ti porta a mettere in discussione tutto quello che fai, mangi, bevi, respiri, pensi. Robe che se non ti uccide il cancro, lo fanno l’ansia e il senso di colpa.
C’è anche una seconda sfumatura: Perché proprio io e non qualcun altro?
Ti guardi intorno e vedi quello che fuma cinquanta sigarette al giorno, il forte bevitore, il divoratore di cibo spazzatura… Qualche volta fa capolino anche il pensiero, politicamente scorretto, che ci sono tanti bastardi di cui il mondo farebbe volentieri a meno, ma loro non hanno avuto il cancro e tu invece sì. Ma chi sei tu per decidere chi merita una buona salute e chi no?
Quando trascorre un po’ di tempo dalla diagnosi, cosa decisamente auspicabile, accade che per qualche compagno di (dis)avventura il viaggio finisca tragicamente, mentre tu prosegui il tuo. Allora può scattare la domanda da sindrome del sopravvissuto: Perché io sono ancora qui mentre lui/lei non ce l’ha fatta? Come se dovessi vergognarti di essere vivo. Non è una bella cosa e soprattutto non serve a riportarli indietro.
Al contrario, può succedere che il tuo percorso oncologico si riveli particolarmente accidentato: effetti collaterali pesanti, malattia resistente alle terapie, recidive… Mentre invece qualche altro paziente supera con relativa facilità il periodo delle cure e arriva felicemente a completare il follow-up senza ulteriori complicazioni. Perché io devo ancora combattere mentre lui/lei è già guarito? L’invidia è una brutta bestia…
Perché io?
Ho fatto i conti anch’io con questa domanda, in tutte le sue sfumature. Ma li ho chiusi sempre velocemente, perché sono inutili: non servono a stare meglio, anzi, se ci si dedica troppa attenzione diventano fonte di stress.
Perché mi è successo? Non lo so. Ma probabilmente è stata solo sfiga.
Perché proprio a me? Non lo so. Ma perché no?
Perché io sono ancora qui mentre Anna, Anna Lisa, Lara, Gabriele, Alessio e tanti altri non ci sono più? Non lo so. Ma mi mancano tanto
Perché a distanza di dieci anni dal primo insorgere della malattia sono ancora alle prese con controlli bimestrali? Non lo so. Ma l’importante è esserci e poter gioire dei piccoli e grandi traguardi raggiunti, peraltro non senza difficoltà, dalle persone che mi sono care. Come Romina, che tra poco festeggia dieci anni, ma quel post di due anni fa è così meraviglioso che vale sempre la pena di rivederlo. Oppure gli undici anni di Rosie, i cinque di Mamigà, i sette Claudia e tanti altri.
Perché io? Boh. Non lo so. Non importa.
Il post originale qui.
Carissima, quando la cosa mi è capitata, e mi son trovata un cancro al seno, la mia reazione principale e immediata è stata quella di pensare che, se qualcosa doveva capitare nella mia famiglia ( e per la legge statistica qualcosa di spiacevole capita sempre, prima o poi nelle famiglie) meglio che fosse capitato a me e non ai miei figli e nipote (ora due), perché io avevo la maturità, esperienza e forza sufficiente per gestirla! Credo che per ogni madre, anche per la meno mammona…..come sono io….il terrore principale è quello che succeda qualcosa ai propri figli. E’ stato come come se avessi pensato che offrivo la mia vita e la mia sofferenza al posto di quella degli altri! Ovviamente so che non funziona così, la sfiga è sempre in agguato, ma io ho trovato conforto in questa considerazione! Non sono una santa, direi il contrario, e neppure una martire, ho combattuto con tutta la mia forza e al momento sto bene e mi pare di aver girato l’angolo! Poi comunque siamo tantissime…….è capitato a me, a te, a noi……
Ho visto bambini piccoli con li ciuccio e con la flebo della chemio attaccata alla testa ..e allora mi sono resa conto di essere fortunata ad avere avuto il cancro a 44 anni.Non mi sono mai posta la domanda..Perchè io…Perchè loro,perchè tu…..sono felice di esserci,la vita è bella…..
“Perchè proprio a me”.. questa domanda me la sono davvero posta spesso. e me la sono posta quasi esattamente negli stessi contesti positivi/negativi che Mia così lucidamente ha elencato. La risposta ancora non ce l’ho. Non so perchè mi sono ammalata di tumore allo stomaco pur vivendo una vita da salutista. Non so perchè io sia ancora qui dopo 7 anni e tanti amici, conosciuti in questo lasso di tempo, oggi non ci sono più. Non lo so. Ma, come dice molto serenamente Mia, l’importante è esserci. Poi sui perchè … verremo a patti.
La domanda fatidica me la sono fatta quando dopo sei anni il cancro è tornato (o meglio, ho scoperto che non se n’era andato del tutto). Non “perché proprio a me” – non sono mai stata competitiva… – ma “perché” e basta. Ma la domanda era funzionale a sentirmi più in grado di fronteggiare la batosta, a non viverla come qualcosa di ineluttabile, ma di contrastabile. Per carità, niente sensi di colpa, ma solo una sana consapevolezza dei propri limiti e delle proprie inaspettate risorse. Ora sono passati altri dieci anni, in totale sedici. E di questo gioisco, senza farmi più domande…
io invece mi sono detta “perché non io?? perché avrei dovuto essere risparmiata??”..mi sono sentita da subito come Alice nel paese delle meraviglie..e a distanza di quasi 2 anni (che sembrano solo 2 mesi o 20 anni dipende) ancora non mi capacito di aver abitato quel paese nel modo in cui ho fatto e che facciamo tutte: si affronta, ci si incazza, si ride, si piange, si consola chi sta vicino, si è consolati da chi sta pure peggio.. incredibile.
Condivido pienamente questo post e questa domanda in ognuna delle sfumature che hai elencato. Tutte tranne una. Io davvero non mi sono mai detta “perchè proprio io?”. Piuttosto sono stati gli altri, in primis i familiari, a chiedermi più e più volte perchè è dovuta succedere a me e non a loro; a ripetermi che non mi meritavo di vivere questa disavventura. Io rispondo puntualmente che evidentemente doveva proprio succedere a me. Credo che questo percorso, per quanto duro a volte possa essere, insegni anche moltissimo… a chi lo vive e a tutte le persone che ci circondano..
Non so come sia avvenuto il contatto tra i nostri blog, ma so che capiti in un momento particolare. La mamma del mio più caro amico è appena stata operata di tumore al seno, e sta per iniziare tutto l’iter delle terapie, un lungo cammino che avrà bisogno di sostegno.. e io cerco di fare quel che posso, ma ho bisogno di sapere di più, di conoscere di più, di capire di più, soprattutto di come gestire le emozioni, in un momento così difficile. Cerco di farlo con l’istinto e il cuore. Ma le tue parole mi saranno davvero di aiuto. Grazie fin d’ora. Un abbraccio.
Ilaria
Perdonami, solo dopo aver scritto il mio commento mi son resa conto che questo non è un blog ma uno spazio formato da tante persone, storie, vite.. ed è ancora più importante, per questo. Perdonami se ho risposto, un po’ off topic, al tuo post. L’ultimo di questo metablog e il primo che ho letto.. e che per me coincide con l’inizio di un percorso da vivere “accanto a..” Giusto ieri la mamma del mio amico mi diceva “Se non avessi rimandato di fare i controlli..” e a me è venuto da risponderle che non si può sapere, non è detto.. ed è quello che penso.. e soprattutto è inutile pensarci.. Stiamo cercando di trovare “spiragli di luce”, piccole finestre d’aria fresca, pensando a cose belle da fare.. e l’impressione che ho è che anche lei ora stia dando di più valore a queste piccole gioie.. vediamo.. stringiamoci le mani..