il mio albero … di nuovo…

Ne avevo già scritto   qui  a metà agosto.
L’albero che , incontro sulla strada per l’Irst di Meldola,
che segna più o meno la metà del tragitto,
e segna il Tempo
la Vita
che trascorre
e che cerco di riacciuffare…
Qui  lo avevo visto di un verdissimo
rigoglioso verde estivo,
poi
il Tempo passa
e me lo sono ritrovato un mese fa
così
mentre stava preparandosi al riposo invernale
e vedendolo così
non potevo non guardarmi indietro
e ripensare a quanto Tempo e Vita 
c’era stata
dal verde estivo al giallo autunnale
del mio albero
e io che
avevo fatto la riabilitazione per il braccio
la radioterapia
e avevo continuato con le terapie ogni 21 giorni
di Herceptyn.
Tanta strada, tanta Vita
 .
Ieri sono stata all’Irst per la manutenzione straordinaria
del Picc per cercare di tenerlo efficiente
almeno fino alla fine delle terapie: ne mancano solo due
e il mio albero ora è a riposo
col suo grigiore nel riposo dell’inverno
ma ha sempre un suo fascino per me
non è bello e rigoglioso come
in estate
ma lo sarà di nuovo
e il pensiero che lo
rivedrò fra qualche mese
di nuovo verde e pieno di foglie
magari quando andrò
all’ Irst per i controlli in follow up
mi riempie di speranza…
La Vita
che scorre
nonostante tutto
lasciandosi alle spalle i ricordi i dolori
la sofferenza del corpo e dell’anima..
e scandisce il Tempo
che ho rischiato di perdere
e che mi è stato ridato
e che in qualche  modo devo Vivere
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L’importanza delle parole …. Buona giornata ….

Ci sono parole hanno che un “peso”

parole che non lasciano indifferenti

soprattutto quando sei un paziente oncologico.

Ci sono frasi che ti feriscono

(qui , ad esempio, ma ne potrei fare un elenco piuttosto lungo)

ed è per questo che diventi più attenta

a quello che ti viene detto.

Mi sono sentita dire frasi assurde,

ma di questo ne scriverò in un altro momento

perchè oggi vorrei scrivere

invece di quelle  frasi giuste , quelle, per intenderci, che ti

fanno stare bene.

Quando ho iniziato ad andare all’irst a Meldola

per curare il cancro, mi ha colpito il fatto che

spesso lì ti senti dire ” buona giornata”

che può sembrare banale

ma che mi ha sempre fatto riflettere.

Io vi ho letto  un significato grandissimo

perchè quando sai che hai il cancro ci sono

due parole che perdono significato “tranquillità” e ” futuro”.

Il futuro lo pensi in termini di brevissimo tempo

e quindi mi sta bene che mi si dica “Buona giornata”

perchè era così che vivevo: giorno per giorno;

ogni giorno un passo, un passo dopo l’altro.

E la giornata era il tempo più lungo a cui pensavo:

ogni giorno che passava aveva una sua storia ,

una fatica, un dolore, ma anche una gioia.

Ragionavo quindi in termini di “Giornata”

e sentirmi augurare di passare una ” buona giornata” era

l’augurio più grande che mi si potesse fare in quel periodo.

E arrivai ai giorni precedenti il Natale, incazzata al massimo per ‘sta storia

del cancro, facendo la chemio una volta alla settimana.

 Era il 24 dicembre, ed aspettavo il mio turno per fare gli

esami per l’infusione di chemio che avrei dovuto fare

il 27 , dopo le feste.

Stavo bene attenta a quello che le infermiere dicevano, nessuna di loro

faceva gli auguri di Buone Feste o Buon Natale

se non rispondendo ai pazienti che per primi facevano loro gli auguri.

E questo, scusate,   mi sembrava un gesto di grande sensibilità.

Perchè io, personalmente , non avevo voglia di  sentirmi fare gli auguri

ma sentirmi augurare un “buona giornata” questo sì ,che aveva senso.

Quel 24 dicembre mi chiamò l’oncologo , il dott. Esse.

per dirmi che gli esami non andavano bene

e che , quindi avrei saltato quella  settimana la chemio e

prima di chiudere la telefonata, pur essendo la vigilia di Natale

mi disse “ti auguro una buona giornata”

“grazie dottore, buona giornata anche a te”

Qui il post originale

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Tutto sul cancro: a chi chiedere?

Ieri sera non riuscivo a dormire e ho visto sulla pagina Facebook di Romina quest’articolo.

6666Ho preparato una camomilla e, in attesa che la fitoterapia producesse i suoi effetti, ho letto l’articolo. Articolo che potreste leggere anche voi, oppure potrei riassumervelo io: donna, cancro al seno, rifiuto di chirurgia e chemioterapia, cure alternative, morta.

Ora, visto che la camomilla continuava a non far effetto, ho deciso di ingannare il tempo facendo due considerazioni:

– Uno: sarà che ormai bazzico nel fantastico mondo del cancro da parecchio tempo, ma questa non è la prima storia del genere che mi capita di leggere. Qualcuno, nei commenti dell’articolo, ha sottolineato : ‘Proprio per questo è utile ricordare‘.

Già. Ma con tutta l’utilità del ricordare, questa non sarà nemmeno l’ultima delle storie del genere che leggerò. Ci sarebbe piuttosto da chiedersi come mai, per alcuni malati, le terapie alternative restino preferibili alla chemio. Tutta colpa di Google?

– In effetti, la seconda considerazione è sulla conclusione del post:
un avvertimento è d’obbligo: le cure che funzionano le trovate in ospedale, non su Google‘.

Non va molto di moda dirlo, ma io e Google siamo amicissimi, anzi, è uno dei miei migliori amici. Forse non ha la cura che funziona per il cancro, però mi spiega che cos’è; mi spiega anche come si cura e in che ospedale. O al di fuori dall’ospedale. A volte non è affidabile, ma nessun amico lo è sempre al 100%. A volte gli credo. A volte no. A volte non vorrei credergli, ma non so a chi altro chiedere.

E il punto è proprio questo. Se ho un problema, chiedo aiuto a chi ne sa più di me. Se non so a chi chiedere, chiedo a Google: è una fonte ricca, un mezzo di contatto, un luogo di sfogo.
Il problema vero è quando Google è l’unico interlocutore, perché il rischio di deriva antiscientifica  bufala, come dice Julia è in agguato.

E perché allora non chiedere  e credere ‒ ai medici?
Kim – così si chiama la protagonista della storia – ha consultato 4 dottori, e tutti le hanno consigliato chirurgia e chemio.
Tutti i malati che scelgono le cure alternative si sono prima rivolti alla “medicina tradizionale”, se non altro per avere una diagnosi.
Se poi fanno scelte stravaganti, è perché esercitano consciamente il loro diritto di scelta? O perché della loro diagnosi, e della cura che segue, alla fine non ne hanno capito molto? E che, per saperne di più, si ritrovano a googlare la loro malattia?

Invece di puntare il dito sull’unica  o la più disponibile ‒ delle fonti a disposizione del paziente, non sarebbe il caso di chiedersi quali fonti alternative di informazioni esistano e in che modo possano essere più efficaci?
Un malato di cancro, a chi dovrebbe porre domande come: in che cosa consiste la chemioterapia, mi verrà il vomito e perderò i capelli? A me non l’hanno spiegato i medici: me l’ha detto Google, ed è sempre Google che mi ha suggerito il nome degli altri cancer-blog e che, in fondo, ha contribuito alla nascita di questo posto.

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… E … se ….

Sono solo 3 lettere, 2 paroline,
2 congiunzioni
ma che racchiudono un mondo …
il mio mondo del ” e… se…..”
dove il tarlo del dubbio ti fa immaginare scenari infausti;
soprattutto se  quel “e… se….” fa capolino la notte
quando il sonno ti abbandona.
E’ un ” e… se….” che spunta all’improvviso come un
campanello, quando ti senti un dolore nuovo,
un doloretto che prima non avevi mai avuto
o che avevi prima che iniziassi la chemio ma
che poi era sparito.
Ora lo senti di nuovo e allora come fai a non pensare..
“e…se” fosse il cancro che si ripresenta?
Ecchecavolo!
Le ultime analisi sono ok,
all’ultima visita col dott R era tutto ok,
il dott. S sono mesi che cerca di convincermi che
ora come ora posso, devo,  stare tranquilla.
Ma la parola tranquillità non esiste più,
c’è quell’insistente “e…se…” che si insinua nell’anima,
la Paura sale, incontrollata e incontrollabile…
ok.. ci siamo… respira pensando al quadrato ,
una, due, tre, tante volte almeno fino  a quando tutto ritorna regolare,
e il respiro lo senti da te che è di nuovo normale.
Scacci quel “e…se…” dai pensieri logici
e lo accantoni, per il momento, perchè sai che
si ripresenterà ancora puntuale alla prossima occasione.
E andiamo avanti , io e il mio “e…se…”
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Dimentica ora ….

La frase che più mi sento dire

ultimamente è

“ora, dimentica”.

Chi mi sta vicino , credo che me lo dica

più che altro perchè è lui stesso che vorrebbe dimenticare,

lasciarsi alle spalle,  l’esperienza del cancro vissuta

indirettamente

“ora dimentica”

mi ha detto quando sono uscita dall’ospedale , dopo l’intervento,

il giorno del mio compleanno.

“Ora dimentica”

il più è stato fatto, ormai sei alla fine del percorso di terapie previste

per ora sta andando tutto bene

a che serve ricordare?

“ora dimentica”

sei stata fortunata, che vuoi ancora?

Non posso dimenticare . Non ora, o perlomeno non ancora.

Ho bisogno di parlarne ancora della mia storia col cancro

ho bisogno ancora di scriverne

ho bisogno ancora di raccontarla, ( perchè?! mi chiedo)

ma mi rendo conto

che incontro lo sguardo infastidito

di chi mi ascolta e che pensa che sarebbe meglio che dimenticassi.

Si, ok, va bene , ma non ancora.

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Io e il mio PICC ….. parte prima

non è stato proprio amore a prima vista
tra me e il mio PICC
(acronimo di Peripherally Inserted Central Catheter)
in sostanza si tratta di un catetere inserito nella vena del braccio
che viene usato per le terapie, flebo dopo intervento e
una volta , il mio è servito anche per il prelievo per le analisi.
Della serie: situazione vene complicata , abbiamo una via d’uscita.
E qui parte la mia Ode al Picc e a chi lo ha inventato.
Perchè quando sai che si fa fatica a trovare una vena decente
da usare per la terapia
e che a volte il prelievo per le analisi lo si fa con due infermiere
che , manco respirano per non rompere l’incantesimo del
sangue che goccia a goccia riempie la provetta ,
il tuo Picc lo adori.
Avevo fatto la prima chemio quando ancora il Picc non lo avevo
e brava l’infermiera A. che ha trovato una vena disponibile,
ma poi da quella stessa vena non c’ è stato verso di
poter fare altri prelievi nei mesi successivi. perchè
manco la si trovava più…
Poi il 24 settembre del 2013 è stato il giorno dell’ inserimento del Picc.
Paura a 1000, che dico ? ! era terrore puro il mio.
Ingiustificato.
Perchè in realtà non ho sentito nulla.
ma…
sapevo che c’era.
E nonostante sapessi che era una fortuna averlo , per tutti i motivi
di cui sopra, c’era, era un corpo estraneo.
Ricordo di aver passato le prime notti senza dormire perchè
nel delirio dell’insonnia me lo “sentivo” nel collo…..
Poi, quando alla medicazione ne ho parlato con l’infermiera
addetta alla manutenzione Picc, ho saputo che fa tutt’altro giro e non passa dal collo,
ok. non l’ho più sentito e mi sono abituata all’idea di averlo
e di prendermene cura.
Ora, inizia ad avere qualche problemino ,  venerdì scorso era otturato
e prima di iniziare la terapia sono stata in radiologia
e me lo hanno sistemato
ora è un Picc punta aperta
che non so che vuol dire e manco ci penso a documentarmi
va bene così, basta che riescano a mantenerlo efficiente fino alla fine delle terapie.
 Già sono sicura che quando lo toglierò
proverò sentimenti contrastanti,
sarò felice perchè significherà la fine di un periodo non propriamente semplice,
ma mi dispiacerà perchè mi ci sono affezionata.
Lo so sono un pò “fatta all’incontrario” di tutti gli altri,
me lo hanno già detto più  e più volte
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Una tesi sulla blogterapia

A un anno di distanza dalla morte di Anna è stato bello ed emozionante sapere che le sue parole, insieme a quelle di tutti i blog di Oltreilcancro, sono state oggetto di una tesi di laurea in scienze infermieristiche: La narrazione della malattia oncologica attraverso i blog: percezione dei bisogni di assistenza infermieristica da parte della persona assistita, di Francesca Martina.

Quando la settimana scorsa Francesca, che ho conosciuto a Torino alla presentazione di Scriverne fa bene, mi ha comunicato di essersi laureata, e che il suo lavoro aveva ricevuto un grande interesse e apprezzamento da parte della Commissione, ho pensato a quanta strada è stata fatta, in questi quattro anni di vita di Oltreilcancro. Ho pensato soprattutto ad Anna, il cui  post Mr. C. and me citato in esergo è stato letto alla fine della dissertazione, e a quell’insalata di gamberetti che abbiamo mangiato il giorno in cui ci siamo conosciute mentre mi proponeva di “fare qualcosa” tra noi blogger che raccontavamo il cancro.

Ho immaginato a come avremmo commentato, insieme, il fatto di essere diventate “materia di una tesi”. Ho immaginato la sua risata, e un lampo di soddisfazione illuminare i suoi occhi luminosi. E una frase tipo questa:

“Ehi, Giurgett’, una tesi sulla blogterapia. Te lo saresti mai immaginato?”

La tesi di Francesca: Tesi MARTINA Francesca

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Un anno fa

Morirò, come tutti, e la mia esistenza si dissolverà lasciando, spero, luminescenti ricordi. Forse da quando mi sono ammalata ci penso di più, è vero. Ma non sono pensieri cupi. O non sempre. Spesso, più che altro, è come se preparassi meglio la mia anima alla convivenza con la consapevolezza della fine. E questo è un esercizio salutare. Che mi allarga il cuore, non me lo stringe di paura. (da On the widepeak, Tabù nr. 2 – versione lunga, 18/02/2011) 

Un anno senza Anna, la nostra Wide, la mente luminosa e il cuore grande che ha ideato questo luogo, regalandoci le sue parole e la sua amicizia.

Ci manchi, ma quello che ci hai lasciato e insegnato è molto più grande della tua assenza.

Un abbraccio speciale ad Angelo, Lea e Sara

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l’oncologo …. rassicurante….

Domani solito controllo all’irst, prima dal cardiologo :

ecodoppler ed ecocardio per la trombosi di quest’estate e per l’Herceptyn.

Poi visita dall’oncologo

e questa visita un filino di ansia me la crea.

Ricordo….

 

Ricordo la prima visita fatta dal mio oncologo , il dott. R.

Era metà settembre 2013, avevo già fatto altre  visite ed esami

con altri medici

ma a lui spettava il compito di spiegarmi ben bene

quale sarebbe stato il piano di terapia che avevano deciso.

Lui è il mio oncologo rassicurante.

Durante quella che chiamano ” prima visita ”

mi ha ripetuto tipo 5 o 6 volte

le stesse cose.

Con lo stesso ordine.

E’ un medico che parla con calma,   voce con tono basso

senza fretta.

Mi diceva come avrei fatto la terapia e poi scriveva al pc

dandomi modo di ripensare a quello che mi aveva appena detto.

Perchè quando ti hanno detto quindici giorni prima

che hai un cancro

il cervello si auto-anestetizza

e

non riesci a memorizzare che poche frasi

che senti dire dal medico.

Per questo dopo diverse volte che il dott. R

mi aveva ripetuto le stesse cose

gli ho finalemente  detto  ” Ok , ho capito”

In realtà avevo memorizzato solo la prima parte

del suo discorso ma in fondo era quello

l’inizio della terapia

e

mi sono detta che

un passo dopo l’altro avrei

memorizzato e compreso anche il resto.

Rivedere il mio oncologo dopo l’ultima visita di 3 mesi fa

quando ero ancora  ustionata dalla radioterapia

mi rassicura.

Mi rassicura sapere che potrò fargli la

sfilza di domande che mi sono scritta

nel quadernetto che porto sempre con me nella borsa.

E , anche se so che mi dirà che sono domande alle quali

non vorrebbe rispondere

alla fine mi darà tutte le risposte

che per un pò mi rassereneranno..

perchè lui è , l’ho già detto ?! , il mio dott R , rassicurante….

il post orginale qui

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… il vento tra i capelli ….

è una bella sensazione

sentire di nuovo il vento tra i capelli

Oddio,

i miei nuovi capelli dopo la chemio

non è che svolazzino tanto,

sono tutti riccissimi

scapigliati

e corti

ma li adoro….

ne ho già scritto qui 

Ricordo  la prima visita dall’oncologo

quando il dott. R mi disse che per la chemioterapia

mi sarebbero caduti i capelli e che mi consigliava

di tagliarli prima che iniziassero cadere magari anche a  ciocche.

Credo di avergli chiesto tipo 4 o 5 volte

“Ma è proprio sicuro dottore che cadranno?”

e alla   risposta affermativa che leggevo anche nei suoi occhi

partiva l’altra domanda di rito

“ma è sicuro che poi ricresceranno?”

Ad ogni visita era la domanda che non dimenticavo mai di fare

E

Caspita! cresciuti, son cresciuti , più folti di prima

ma  anche più morbidi:

sono i miei  “capelli neonati”

fanno tenerezza

e a me ne fanno tanta di tenerezza….

E non sopportavo chi , in buona fede sicuramente,

mi diceva

“ma dai che poi ricrescono “

oppure

“questo è il male minore”

BALLE

Lo so bene che quando hai un cancro

non è che ti devi preoccupare

principalmente dei capelli,

ma

vedersi e sapersi senza capelli ti fa sentire “diversa”

è come se il cancro ti togliesse la dignità di persona

lasciandoti senza capelli.

Contro la previsione dell’oncologo i miei capelli non volevano cadere.

Erano morti, non crescevano più,  ma

rimanevano saldamente attaccati : tutti al loro posto !

Ho dovuto prendere la decisione di raderli

perchè erano attaccati, ma mi faceva un male

pazzesco il cuoio capelluto,

male da non riuscire a dormire la notte.

Così una sera di fine ottobre 2013

mio marito ha passato la macchinetta

lasciandomi i capelli alla lunghezza minima …  qualche millimetro.

Ma neppure così se ne andavano, sempre attaccati saldamente.

Ci sono volute 4 chemio , la Fec rossa per farli cadere definitivamente.

Ho scelto di non usare la parrucca,

anche perchè non avevo nessuna voglia di prendermene cura  …

all’irst ne ho viste di belle, se curate

ma ne ho viste anche tante veramente trascurate

comunque

ognuno fa la scelta che più fa sentire a proprio agio

E io mi sentivo bene con le mie bandane,

anche se ad una in particolare mi sono affezionata

ma talmente tanto che anche ora la tengo con me  nella borsa

  lavata  ripiegata e chiusa in un sacchettino…

Rappresenta una parte di vita, della mia vita, per la precisione 10 mesi

in cui era palese che fossi ammalata di cancro

ma in fondo non me n’è mai importato molto

di quello che pensavano gli altri.

Avevo il cancro ed ero impegnata a curarmi…

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